Toscana, la cantina degli Dei è connubio tra vino e arte

Nel territorio della turrita Montepulciano, fare vino è una cosa seria. Lo è da oltre dieci secoli, considerando che il Sangiovese (qui denominato Prugnolo gentile) e altri vitigni a bacca rossa (che il disciplinare ora consente per non più di un 30%) sono coltivati su queste terre dagli anni del lontano Alto Medioevo. Non a caso il Vino Nobile di Montepulciano si chiama ‘nobile’: lo è perché – nella sua lunga storia – è stato apprezzato da papi, principi e imperatori. Era sulla tavola di Pio II Piccolomini, di Carlo V nonché dei membri di casa dè Medici, fra cui Caterina, regina di Francia, che lo fece conoscere pure Oltralpe. Primo vino italiano, all’inizio degli anni Ottanta dell’ormai secolo scorso, ad avere ottenuto la docg, il Nobile di Montepulciano – che, da disciplinare, deve affinare come minimo due anni (tre per la Riserva), di cui almeno uno in legno – si contraddistingue per la sua rarefatta eleganza e l’estrema raffinatezza.

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